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Mindfulness

terapia cognitivo comportamentale di terza generazione

Che cos'è

Mindfulness significa portare attenzione al momento presente in modo curioso e non giudicante (Kabat-Zinn, 1994). Mindfulness è quindi un processo che coltiva la capacità di portare attenzione al momento presente, consapevolezza e accettazione del momento attuale (Hanh, 1987).

Gli elementi costitutivi della Mindfulness, che emergono dalle definizioni riportate sopra (consapevolezza e attenzione) evidenziano quale sia la finalità della pratica Mindfulness, e quindi la sua tensione etica: l’obiettivo è quello di eliminare la sofferenza inutile, coltivando una comprensione e accettazione profonda di qualunque cosa accada attraverso un lavoro attivo con i propri stati mentali. Secondo la tradizione originaria, la pratica della Mindfulness dovrebbe permettere di passare da uno stato di disequilibrio e sofferenza ad uno di maggiore percezione soggettiva di benessere, grazie ad una conoscenza profonda degli stati e dei processi mentali.
 

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meditazione, mindfullness

Mindfulness e terapia cognitiva: MBCT

Il successo del Mindfulness Based Stress Reduction ha fatto sì che anche in ambito cognitivista si diffondesse un certo interesse per le pratiche di consapevolezza come strumento clinic. In effetti,mindfulness e cognitivismo avevano, se non altro, un comune interesse per il ruolo che i nostri pensieri giocano su emozioni e comportamenti.

Il pensiero ruminativo che determina l’innesco dei circoli viziosi può essere a sua volta ricondotto ad una modalità di pensiero più ampia, quella cioè del ‘fare’. Come affermano Williams, Teasdale, Segal e Kabat-Zinn (2007), la modalità del fare produce di frequente risultati brillanti come strategia per risolvere problemi e raggiungere obiettivi nel mondo esterno. I problemi sorgono quando si applica la modalità del fare alle questioni legate al sé: in questi casi, infatti, la spinta a fare porta con sé un costante monitoraggio dei risultati. Poiché è molto difficile riuscire a ridurre la discrepanza tra la realtà e ciò che si desidera in tempi brevi, la mente ripete a oltranza queste valutazioni, innescando la ruminazione che poi conduce alle ricadute depressive. Quando la mente segue la spinta a fare, perde il contatto con l’esperienza presente: proprio mentre cerca di affrontare un problema, si allontana dalla soluzione perché non riesce a cogliere i segnali che il corpo invia.

Considerato che questa modalità di pensiero è una risposta frequente alle emozioni che si sperimentano quotidianamente, è possibile cogliere queste occasioni come possibilità di esercizio. La mindfulness propone di sperimentare la modalità dell’essere, che non è uno speciale stato in cui ogni attività cessa, bensì una prospettiva decentrata che consenta di slegarsi dalle consuete modalità di risposta, automatiche e involontarie, che tentano di allontanare lo spiacevole e trattenere il piacevole. La Mindfulness Based Cognitive Therapy, in linea con il programmaMindfulness Based Stress Reduction, coltiva un utilizzo particolare dell’attenzione e della consapevolezza, suggerendo un focus sui processi di pensiero piuttosto che sul contenuto. L’intento non è quello di escludere dalla mente tutti gli stati negativi, ma di evitare che diventino stabili quando si presentano.

Messaggio pubblicitarioLa Mindfulness Based Cognitive Therapy è proposta ad un gruppo di pazienti, in genere una trentina, poiché praticare con gli altri e confrontarsi circa le proprie personali esperienze è considerato dagli autori un elemento fondamentale dell’intervento. Gli incontri sono settimanali, durano circa due ore e alternano momenti di pratica e momenti di indagine su quanto sperimentato (inquiry). Tra un incontro e l’altro i partecipanti sono invitati a svolgere degli esercizi a casa, per alcuni dei quali ricevono delle tracce audio. Pratica formale e pratica informale si alternano sia nel corso delle sedute che a casa. Proprio come il programma Mindfulness Based Stress Reduction, la Mindfulness Based Cognitive Therapy non è una psicoterapia, quanto piuttosto una strategia di intervento, un percorso formativo. Esiste però una prima differenza importante: mentre la Mindfulness Based Stress Reduction è un protocollo transdiagnostico, a cui partecipano soggetti con diverse condizioni mediche e psicopatologiche, così come persone senza una precisa diagnosi che si sentano stressate o vogliano cambiare qualcosa nel proprio modo di vivere, laMindfulness Based Cognitive Therapy è un programma dedicato a pazienti con esperienza di depressione maggiore.

Sebbene la struttura e i contenuti ricalchino al 90% il programma Mindfulness Based Stress Reduction (Giommi, 2014), si notino alcune peculiarità dovute al legame della Mindfulness Based Cognitive Therapy con la terapia cognitiva. Ad un livello immediato, se si osserva il programma degli otto incontri della Mindfulness Based Cognitive Therapy è possibile rilevare la presenza di alcuni momenti e di alcuni approfondimenti teorici che non sono presenti nel programma di Kabat-Zinn (si rimanda al paragrafo 4.2.2 per un resoconto sulle singole sessioni).

Tracce evidenti dell’orizzonte cognitivista in cui si inserisce il programma sono riscontrabili nella scelta di istituire un colloquio iniziale con il paziente, negli approfondimenti sul tema della depressione, ma anche nell’orientamento all’azione di alcuni aspetti del programma (per esempio, i partecipanti sono invitati a identificare delle azioni che li rassicurino o diano loro piacere e a metterle in atto qualora si presentino sensazioni o emozioni negative). A livello più generale, sembra lecito affermare, riprendendo Crane (2009), che i principali contributi della teoria cognitivista nella messa a punto di questo strumento comprendono una cornice teorica relativa al problema della vulnerabilità alle ricadute, un’ipotesi sull’influenza della mindfulness in questi processi, peraltro in certa misura esplicitati nel lavoro con i pazienti, e un forte legame con la verificabilità empirica.

Attorno al nucleo originario del Mindfulness Based Stress Reduction si è quindi sviluppato l’orizzonte più ampio dei cosiddetti Mindfulness Based Interventions (MBIs). Giommi (2014) ha identificato alcune caratteristiche comuni a questi interventi, tra le quali ricordiamo la pratica meditativa, il formato di gruppo, la responsabilità individuale, la quantità consistente di impegno richiesto ai partecipanti, la prospettiva a lungo termine e l’orientamento non finalizzato al risultato. Tra gli interventi derivati dal Mindfulness Based Stress Reduction, la Mindfulness Based Cognitive Therapy è il protocollo più diffuso e testato scientificamente; altre proposte di trattamento basate sulla mindfulness sono la Mindfulness-Based Relapse Prevention per le dipendenze proposta da Bowen, Chawla e Marlatt (2011), il Mindfulness-Based Eating Awarness Training elaborato da Kristeller, Baer e Quillian-Wolever (2006), il Mindfulness-Based Childbirth and Parenting formulato da Bardacke (2013), la Mindfulness-Based Elder Care di McBee (2008) e il programma Mindfulness-Based Relationship Enhancement sviluppato da Carson, Carson, Gil e Baucom (2004).

Secondo la prospettiva degli ideatori della Mindfulness Based Cognitive Therapy (Segal, Teasdale e Williams, 2002), un soggetto che sia stato depresso in passato corre il rischio di un nuovo episodio depressivo perché, in periodi di umore negativo, tende a riattivare in modo automatico pensieri, emozioni e sensazioni che erano attivi durante il periodo di sofferenza. Su questo sfondo, ‘il fine ultimo del programma Mindfulness Based Cognitive Therapy è quello di aiutare gli individui a realizzare una trasformazione radicale nella loro relazione con i pensieri, con le emozioni e con le sensazioni fisiche che possono contribuire alle ricadute depressive‘ (Segal et al., 2013, p. 80). In altre parole, lo scopo è insegnare ai pazienti una nuova relazione con il proprio corpo e le proprie esperienze, che permetta loro di fare un passo indietro rispetto alle risposte automatiche e quindi li protegga da quei circoli viziosi che comportano il rischio di ricadute.
 

Il pensiero ruminativo che determina l’innesco dei circoli viziosi può essere a sua volta ricondotto ad una modalità di pensiero più ampia, quella cioè del ‘fare’. Come affermano Williams, Teasdale, Segal e Kabat-Zinn (2007), la modalità del fare produce di frequente risultati brillanti come strategia per risolvere problemi e raggiungere obiettivi nel mondo esterno. I problemi sorgono quando si applica la modalità del fare alle questioni legate al sé: in questi casi, infatti, la spinta a fare porta con sé un costante monitoraggio dei risultati. Poiché è molto difficile riuscire a ridurre la discrepanza tra la realtà e ciò che si desidera in tempi brevi, la mente ripete a oltranza queste valutazioni, innescando la ruminazione che poi conduce alle ricadute depressive. Quando la mente segue la spinta a fare, perde il contatto con l’esperienza presente: proprio mentre cerca di affrontare un problema, si allontana dalla soluzione perché non riesce a cogliere i segnali che il corpo invia.

Considerato che questa modalità di pensiero è una risposta frequente alle emozioni che si sperimentano quotidianamente, è possibile cogliere queste occasioni come possibilità di esercizio. La mindfulness propone di sperimentare la modalità dell’essere, che non è uno speciale stato in cui ogni attività cessa, bensì una prospettiva decentrata che consenta di slegarsi dalle consuete modalità di risposta, automatiche e involontarie, che tentano di allontanare lo spiacevole e trattenere il piacevole. La Mindfulness Based Cognitive Therapy, in linea con il programmaMindfulness Based Stress Reduction, coltiva un utilizzo particolare dell’attenzione e della consapevolezza, suggerendo un focus sui processi di pensiero piuttosto che sul contenuto. L’intento non è quello di escludere dalla mente tutti gli stati negativi, ma di evitare che diventino stabili quando si presentano.

Messaggio pubblicitarioLa Mindfulness Based Cognitive Therapy è proposta ad un gruppo di pazienti, in genere una trentina, poiché praticare con gli altri e confrontarsi circa le proprie personali esperienze è considerato dagli autori un elemento fondamentale dell’intervento. Gli incontri sono settimanali, durano circa due ore e alternano momenti di pratica e momenti di indagine su quanto sperimentato (inquiry). Tra un incontro e l’altro i partecipanti sono invitati a svolgere degli esercizi a casa, per alcuni dei quali ricevono delle tracce audio. Pratica formale e pratica informale si alternano sia nel corso delle sedute che a casa. Proprio come il programma Mindfulness Based Stress Reduction, la Mindfulness Based Cognitive Therapy non è una psicoterapia, quanto piuttosto una strategia di intervento, un percorso formativo. Esiste però una prima differenza importante: mentre la Mindfulness Based Stress Reduction è un protocollo transdiagnostico, a cui partecipano soggetti con diverse condizioni mediche e psicopatologiche, così come persone senza una precisa diagnosi che si sentano stressate o vogliano cambiare qualcosa nel proprio modo di vivere, laMindfulness Based Cognitive Therapy è un programma dedicato a pazienti con esperienza di depressione maggiore.

Sebbene la struttura e i contenuti ricalchino al 90% il programma Mindfulness Based Stress Reduction (Giommi, 2014), si notino alcune peculiarità dovute al legame della Mindfulness Based Cognitive Therapy con la terapia cognitiva. Ad un livello immediato, se si osserva il programma degli otto incontri della Mindfulness Based Cognitive Therapy è possibile rilevare la presenza di alcuni momenti e di alcuni approfondimenti teorici che non sono presenti nel programma di Kabat-Zinn (si rimanda al paragrafo 4.2.2 per un resoconto sulle singole sessioni).

Tracce evidenti dell’orizzonte cognitivista in cui si inserisce il programma sono riscontrabili nella scelta di istituire un colloquio iniziale con il paziente, negli approfondimenti sul tema della depressione, ma anche nell’orientamento all’azione di alcuni aspetti del programma (per esempio, i partecipanti sono invitati a identificare delle azioni che li rassicurino o diano loro piacere e a metterle in atto qualora si presentino sensazioni o emozioni negative). A livello più generale, sembra lecito affermare, riprendendo Crane (2009), che i principali contributi della teoria cognitivista nella messa a punto di questo strumento comprendono una cornice teorica relativa al problema della vulnerabilità alle ricadute, un’ipotesi sull’influenza della mindfulness in questi processi, peraltro in certa misura esplicitati nel lavoro con i pazienti, e un forte legame con la verificabilità empirica.

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